Jessica Ratto, studentessa in Scienze dell’educazione e formazione, intervista Federica Giusto, ballerina e coreografa Hip Hop, attivista autistica.
A.T.C. Toscana ringrazia Federica – per aver acconsentito a pubblicare la sua preziosa testimonianza, condividendo molti aspetti della propria vita – e ringrazia anche Jessica, per aver realizzato un’intervista accattivante e ricca di spunti di riflessione.
Siamo convinti che il loro contribuito sia fondamentale per diffondere e far conoscere, per quanto più possibile, gli aspetti salienti di questo modo di essere.
Ciao Federica, mi faresti una tua breve presentazione (età, dove vivi, lavoro..)?
Sono Federica Giusto e ho 32 anni. Vivo in provincia di Cuneo e sono una ballerina professionista. Mi chiamano Red perchè il rosso è il mio colore e amo l’Hip Hop come danza e cultura. Sono un’attivista autistica e porto avanti la mia testimonianza ed esperienza autistica in vari eventi e occasioni legate a questo argomento e anche sui social network sia da sola, sia in collaborazione con altri autistici.
Che cosa è per te la sindrome di Asperger?
Non si parla più di Sindrome di Asperger dal 2013, preferisco quindi parlare semplicemente di Autismo e spettro autistico, del quale faccio parte.
L’ autismo un grande “spettro” che include il funzionamento di molte persone, definito come neurodiverso. Quando sento o leggo di “persone con autismo” mi chiedo perchè non si dica anche “persone con neurotipicità”. Avere una sindrome, in questo caso, non vuole dire avere una patologia o una malattia, in quanto il termine sindrome racchiude solo una serie di caratteristiche che si associano a questo tipo di funzionamento.
Quindi per me l’autismo è essere quello che sono ed è il modo in cui funziono. Non è un problema…il problema si crea quando vado incontro a tutto quello che in questo mondo è stato creato sulla base del funzionamento neurotipico.
“….autismo è essere quello che sono…ed è il modo in cui funziono“
Quando ti è stata diagnosticata la sindrome di Asperger? Che età avevi?
“…faccio solo parte di una minoranza che funziona in modo differente“
Ho ricevuto la diagnosi di autismo a 31 anni, ma il sospetto c’era da tempo, in quanto continuano a ricevere diagnosi di disturbi mentali che però non erano mai sufficientemente esplicative. A 9 anni mi venne diagnosticata la depressione grave con tanti dubbi, i quali erano semplicemente dovuti al fatto che al tempo (e purtroppo in alcuni casi ancora oggi in Italia) si pensava che l’ autismo fosse quel che porta ad avere disabilità evidenti e aspetti compromessi.
Fortunatamente gli studi sono andati avanti, e si è capito che le disabilità in soggetti autistici cosiddetti a basso funzionamento, non sono causate dal funzionamento autistico ma sono disabilità associate ad esso. Grazie a questo ho deciso di fare un percorso mirato per avere la diagnosi e, finalmente, ho avuto la conferma di tante cose che mi sembravano sbagliate sin da quando ero piccola. Di sbagliato, in realtà, non c’ è nulla: faccio solo parte di una minoranza che funziona in modo differente.
Ti ricordi da piccola com’era il tuo approccio al mondo e alle relazioni sociali? Ti piaceva interagire con i tuoi compagni di scuola o li
evitavi?
Ricordo tutto molto bene a riguardo della mia infanzia, anzi ricordo dettagli che solitamente agli altri passavano inosservati.
Non avevo voglia di stare tra i bambini e spesso ne avevo timore. Non lo capivo, a meno che non fossi interessata in particolare a un* bambin*.
Odiavo le attività di gruppo…e le odio anche adesso! Nel mio lavoro riesco a stare in gruppo solo se io sono leader ( ad esempio se sono l’insegnante o la coreografa). Da piccola preferivo dedicarmi ai miei interessi assorbenti (la danza, Walt Disney) e non mi interessava condividerli con altri. Quando mi obbligavano stavo male e non si spiegavano il motivo. Avevo crisi, i cosiddetti meltdown, ma non avendo una diagnosi venivo descritta come una bambina strana e problematica – dato che comunque ero obbediente, rispettavo le regole ed ero molto talentuosa e attiva nei miei interessi (ad esempio la danza).
Ho iniziato a soffrire di depressione poichè non sapendo nulla del mio funzionamento cercavo di imitare gli altri in cose che non mi appartenevano ed era (…ed è) una continua fatica per fare cose che per gli altri sono banali.
Io ora soffro di depressione, non soffro di autismo. Mi sarebbe bastato sapere da subito una cosa del tipo “Sei autistica,la tua mente funziona in modo diverso. Trattala bene e non preoccuparti se gli altri non fanno come te e ti fanno sentire sbagliata”.
Ma così non è stato.
Quando ti hanno diagnosticato il disturbo di Asperger hai seguito delle terapie tra cui interventi riabilitativi, farmacologici o psicoeducativi?
Ora sto seguendo una terapia non farmacologica per la depressione che, come dicevo prima, è arrivata a causa dell’ utilizzo sbagliato del mio cervello in tutti questi anni…essendo nel contempo consapevole, ma inconsapevole.
La terapia inoltre mi aiuta a comprendere, con l’aiuto di specialisti nell’autismo (…alcuni sono loro stesso autistici!), come affrontare un mondo basato su regole neurologiche per noi difficili da comprendere, e che spesso ci portano a stato di malessere anche fisico.
Personalmente sono contro la terapia ABA, che cerca di neurotipicizzare i neurodiversi trattandoli come persone rotte e da aggiustare. Stesso discorso per quanto riguarda l’utilizzo di un pezzo di puzzle blu per rappresentare graficamente l’autismo.
Da quando ho avuto la diagnosi, ripercorro la mia vita e penso: “Se solo avessi saputo prima di essere autistica!”.
E penso ai tanti bambini che magari hanno delle diagnosi sbagliate, oppure a quegli specialisti che ancora dicono: “….Ma se suo figlio fosse autistico, non sarebbe normale!”.
Penso a quanto i miei genitori siano impazziti per starmi dietro…a tutte le mie stranezze, alle mie paure ingiustificate, al mio disagio sociale. Ricordo cose che loro non ricordano, soprattutto le loro espressioni quando non mi capivano, e io mi sentivo in un solo modo: sbagliata.
E allora, per tranquillizzarli, recitavo un po’. Ma solo a volte…quando sono stata troppo male, non ce l’ ho proprio fatta!
Penso a quanto io mi sia sempre sentita fuori posto, sempre…sempre…sempre…anche dove ho pensato per un po’ di aver trovato un ruolo. Riguardo le mie foto e i miei video e ricordo profumi, numeri, colori, sensazioni di stoffe e di materiali, che poi mi giravano in testa e prendevano forme o suoni.
Penso che al tempo nessuno avrebbe potuto darmi una diagnosi corretta, perchè se ancora oggi c’è chi non sa (anzi, a volte non vuole sapere)…figuriamoci anni fa! Ricordo di una professoressa che mi etichettò come strega, perchè dicevo cose strane, scrivevo temi strani, facevo riflessioni strane. Ovviamente lo disse davanti a tutta la classe, che già mi bullizzava continuamente!
Ma effettivamente ho sempre desiderato essere un vampiro…e forse darmi della strega non è stato così negativo.
Parliamo della sfera affettiva, come ti relazioni con gli altri, in particolare con la famiglia, gli amici, il partner e che importanza dai a queste figure? L’importanza che dai ad alcune persone è la stessa che puoi ritrovare anche in oggetti e/o animali?
Le relazioni sociali sono un bel caos per me. Ho tutto suddiviso in scatole. Tutto è separato e distinto.
Non distinguo i sentimenti che mi hanno insegnato i neurotipici (ti voglio bene/ti amo), ma questo non vuol dire che io non possa provare qualcosa. Semplicemente non mi ritrovo in queste sensazioni e ne ho altre fortissime, anche in momenti in cui non “accadono” agli altri.
Non provo niente se non accade nulla di straordinario e solitamente quello che per me è straordinario è inutile per gli altri, ma quando accade qualcosa di straordinario con una persona, provo emozioni così forti da non gestirle e avere reazioni che tendenzialmente gli altri non comprendono. Nell’autismo non c’ è la via di mezzo: o troppo o nulla. I sentimenti che provo per le persone sono molto particolari. Io non voglio bene alle persone, provo tanti sentimenti differenti per ciascuno. Ad esempio “voglio bene” ad una sola persona in questo momento della mia vita, ma ciò non implica che io non provi altri sentimenti per gli altri. Ma dire o provare il “ti voglio bene” per molti, ehm…questo no.
Non ho amici, chi si avvicina alla mia idea di amico è una persona sola, le altre non sono contenute in questa “scatola”.
Non sopporto il contatto fisico e il contatto fisico obbligato mi fa stare male.
Con il partner invece sono super emotiva e affettuosa e necessito di contatto fisico continuo. Ma per me è chiaro: il partner lo scelgo io. La famiglia no. E poi gli “amici”, che credono di essere miei amici senza che io me ne sia accorta. E tutto questo per me è davvero difficile.
Nella mia testa ho tante scatole nelle quali suddivido tutto. Soprattutto, ma non solo, le relazioni sociali. Per me la parola amico è quasi inesistente…perché per me il vero amico non ha altri amici al di fuori di me, e viceversa. Per questo ho sempre sofferto molto, ma ho anche fatto soffrire altre persone.
Ho poi tantissime scatole legate alle relazioni sociali, nelle quali suddivido le persone che sono nella mia vita. Il fatto che una persona non sia nella scatola “amicizia” non vuol dire che per me non sia importante: semplicemente non è un “amico”, ma qualcos’altro, che ricopre comunque un ruolo nella mia vita.
Tra autistici non siamo tutti uguali: non per forza tutti gli altri autistici hanno la stessa visione di amicizia che ho io. Ma ci accomuna la “tipologia di mente”. Non siamo fatti con lo stampino! Come non sono fatti con lo stampino i cosiddetti neurotipici.
Come vivi le tue emozioni? Sono cambiate da quando eri piccola? Ti ricordi se nel periodo adolescenziale ti allontanavi dal resto del gruppo o interagivi in modo armonioso?
Ho sempre detto “Vivo le emozioni in modo troppo forte”, ma nessuno mi ha mai creduto. Finché sono arrivata a non contenerle più: piangere per cose banali per gli altri, ridere tantissimo per cose che agli altri non facevano e fanno ridere, evitare alcune situazioni (per esempio non andare al cinema con qualcuno, ma andarci da sola) perchè le emozioni che mi danno i film sono troppo forti e non riesco a condividerle con gli altri. Perchè sembro pazza, strana, esagerata.
Nell’adolescenza sono stata bullizzata parecchio per cose che non capivo: per il mio aspetto, per il fatto che fossi fuori moda, per le mie fisse, perchè non pensavo a quello che pensavano gli altri, perché ero ossessionata dalla morte e ne parlavo.
Alle medie non ho mai avuto un gruppo di amici e non lo volevo,mi prendevano in giro anche per questo. Ho sempre avuto un* migliore amic*, ma appena si legava ad altri l* abbandonavo perchè non capivo la sua necessità di avere altri amici. Soffrivo…e lo vivevo come un tradimento (ancora adesso!).
Alle superiori, grazie alla danza, avevo ottenuto il mio ruolo sociale. La gente si ricordava di me, finalmente, per qualcosa. Non mi prendevano in giro perchè la danza era una fissa, ma ero “figa” perchè la danza mi faceva fare cose belle. E io pensavo: “ma quanto sono scemi? Prima ero stupida e adesso sono figa perchè ho ottenuto qualche risultato”.
Alle superiori ho provato a crearmi il famigerato gruppo. Ci ho provato tante volte, ma ci stavo bene solo se si parlava di danza oppure di Walt Disney…e in realtà poco mi importava di uscire con queste persone. Dopo poco abbandonavo il gruppo, per poi provarci con un altro, finché alla fine mi sono stufata. Chiaramente pensavo di essere difettosa, perchè questa società ci fa pensare che se non si sa stare in gruppo, “c’è qualcosa in noi che non va”.
Stare in gruppo per me è difficile; anche i miei 5 sensi non funzionano come quello dei neurotipici. Per me è difficile percepire tutto insieme.
Sei soggetta a crearti delle abitudini per cercare conferme e stabilità dal mondo o dalle persone? Ad esempio ritmi abitudinari o fissazioni.
Vivo da sempre con routines, abitudini e fissazioni. Ho abitudini che mi porto dietro dall’infanzia: non capivo perché la gente mi dicesse che “non andava bene così”.
Le fissazioni, sì. Sono i cosiddetti interessi assorbenti: la danza, l’Hip Hop, Walt Disney, il colore rosso e i vampiri.
Nella danza ho tantissime abitudini e fissazioni che mi fanno stare bene, ma dagli altri vengono sempre giudicate come ossessioni.
Io non ho un disturbo ossessivo, ma chi non conosce il funzionamento autistico spesso ci giudica così. Oppure utilizza il termine ossessione senza saperne il vero significato.
Le mie routines sono in tutto; ad esempio nel cibo: potrei mangiare per un mese di fila la stessa cosa, come il formaggio.”
Nel mondo della danza hai trovato difficoltà? Com’è il tuo mondo? Quando balli usi delle maschere? Come ti senti quando sali sul palco?
Inizialmente entrare nel mondo lavorativo della danza oppure essere riconosciuta come una ballerina è stato difficile: alle medie e superiori ho subito del bullismo fisico non grave da parte dei miei compagni, ma quando a 13 anni tutti hanno visto che ero una ballerina brava, il mio ruolo nella società era cambiato del tutto. Ho scoperto che potevo sfruttare la danza a mio favore per non essere più bullizzata…ed ha funzionato!
Per chi mi considerava sfigata, dal quel momento in poi ero diventata una cosa attraente. Così ho capito che la danza poteva rappresentare, oltre ad una grande passione, anche un ruolo nella società. Fu da quel momento che mi sentii protetta nella mia sfera di cristallo, nella quale vivevo da sola nel mondo della danza.
Vivevo in quel mondo e tutto il resto era futile per me, come imparare a cucinare, ad aprire un conto in banca e tante altre cose che chiunque dovrebbe essere in grado di fare. Ma per me non era così.
In questa sfera ero sempre circondata da gente che ballava e io mi sentivo capita da tutti, fatta eccezione per alcuni momenti di discordanza in cui stavo veramente male…avevo delle crisi incomprensibili poiché le mie reazioni erano esageratamente negative. E questo perché non sapevo di avere un funzionamento diverso.
Attorno ai 27 anni ho iniziato a capire che anche nel mondo della danza non ero più capita, il mio mondo si sgretolava e i ballerini erano persone che non mi capivano più. Mi sentivo bene solo più quando ero un leader indiscusso, quando i miei allievi accettavano di ruotare attorno ai miei schemi ,alle mie routines.
Nella danza ho trovato un rifugio, ma non è ciò che nella vita sociale mi avrebbe aiutato, perché ho sofferto molto appena ho notato che questo rifugio si stava rompendo. Le relazioni che avevo con i miei allievi erano semplicemente maestra-allievo, non c’era altro di più.
Nella danza mi son sempre sentita senza maschere nel momento della performance, anche se ballare davanti ad un pubblico oppure essere il protagonista di un balletto è sempre un “recitare”. Questo ti da però la possibilità di essere te stesso, di esprimere quel qualcosa che tu provi realmente e passare al pubblico un messaggio a cui dai tanto peso.
Nei miei spettacoli infatti amo rappresentare tematiche ed emozioni che mi rappresentano: il mio ultimo spettacolo verte appunto sull’autismo!
Con la danza so che posso esprimere quello che voglio e quando voglio, mi sento libera e riesco ad isolarmi praticamente da tutto, dimenticandomi cose essenziali nella vita…come il mangiare! E questo è solo un esempio che mi contraddistingue dai neurotipici.
Quando salgo sul palco sono agitatissima, ma poi il palco diventa la mia casa…dove vorrei restare per sempre perché non devo relazionarmi per forza con le persone. E, se proprio lo devo fare, è perché è attorno a me e fa la mia stessa cosa. Mi sembra di viaggiare con la testa, con la musica e il corpo, perché mi piace essere guardata, nel senso che la gente prova a capirmi senza che io debba fare ciò che loro vorrebbero che io facessi. Nel ballo comunico senza mantenere gli stereotipi che la società vorrebbe (essere educata, dare la mano, salutare con i baci.. tutte cose che mi hanno sempre dato fastidio).
Hai incontrato nel periodo infantile o le stai incontrando tutt’ora delle difficoltà nella tua vita quotidiana?
Le difficoltà che ho incontrato da piccola son sempre legate al capire gli altri. Da piccola cercavo di imitarli per capire determinati atteggiamenti, non capivo alcuni modi di dire, e questo avviene tutt’ora: ho difficoltà a capire il motivo per cui nella società si è obbligati a stare nel gruppo piuttosto che stare da soli. Ho difficoltà nel stringere rapporti con qualcuno e nell’accettare le sue regole, perché la mia mente non le comprende: ad esempio quando creo un legame con qualcuno per me non si tratta automaticamente di amicizia. Per questo ho fatto star male molte persone, ma son sempre stata etichettata come “non empatica”.
Da piccola, in particolare all’asilo, avevo capito alcune cose sull’argomento “sesso”, e quando ne parlavo apertamente gli altri si sconvolgevano. Il motivo non l’ho mai capito, ma studiando gli altri ho compreso che quell’argomento non va bene per la società…come anche la mia mancanza di intimità e privacy.
Ho inoltre incontrato difficoltà nel contatto fisico obbligato per apparire conforme alla società, come i baci, gli abbracci ai parenti, la stretta di mano ecc.
Negli ultimi anni ho avuto molte difficoltà nei contatti fisici e relazionali e cercavo sempre scuse per evitarli.
Ho visto che stai creando un cortometraggio intitolato “the mind with red wings”. Puoi anticiparmi qualcosa? Il motivo per cui lo hai
progettato e il messaggio che vuoi far giungere a chi lo guarderà.
Inizialmente l’idea era quella di raccontare tramite la danza come ho vissuto “il mio non sapere di essere autistica” e il periodo “dopo la diagnosi”, che è stato ovviamente caratterizzato da uno stravolgimento nella mia vita. Questo soprattutto perché tante persone si sono allontanate da me, dal momento in cui ho iniziato a parlare sui social dell’autismo.
Successivamente la tematica del cortometraggio è cambiata. Ho così deciso di parlare di me, principalmente ballando e con una voce fuoricampo (la mia) che racconta la vita reale di ognuno, inserendo ogni tanto delle rappresentazioni del mio mondo che son sempre state considerate dagli altri strane e fantascientifiche.
Concluderò con una frase che lascerà la libera interpretazione a chi guarderà il film, per far si che ognuno estrapoli – da ciò che ha visto – un
messaggio personale.
Questa frase racchiuderà il mio vissuto, come io non ho capito il mondo, ma come esso non ha capito me:
“Nel mondo siamo tutti diversi e il fatto che qualcuno venga considerato più diverso dagli altri NON DEVE ESSERE UN PROBLEMA.”
Jessica Ratto e Federica Giusto